NU POT
Site specific installation at Giant of Pantelimon - Bucharest, 2017 / 7,80 x 7,80 mt - Mixed media
This installation was realized on an old water tower placed in a former textile industrial area where the 90% of workers were women that worked for decades with unreasonable shifts, submitted to strict rules and far from their families. Thanks to the precious help of the anthropologist Andreaa Dragan, the artist collected documents and stories of the past from people who worked in those factories and lived the hard-communist dictatorship years: years in which it was prohibited to tell and do anything and the path towards independence had no direction. Hundreds of buckets full of water were placed on one of the roofs next to the tower to reproduce the words “NU POT” (which means “I can’t”), the same words that were used at the beginning of every sentence written in the company’s regulation.
The roof surface was covered with cloths found in the industrial area, the same cloths that were produced for decades by the factory former workers. The visitors could climb the tower staircase (a metal grill core staircase that made people feel uncomfortable and dizzy the more they climbed up) and, from up there, they could throw coloured balls trying to get them into buckets. This had the aim of discouraging in a simple and funny way the concept of impossibility. The important thing wasn’t sending the balls into the baskets but their attempt. The written words NU POT were deliberately divided into hundreds of parts (the buckets) to prove that the desire of freedom of thought can be satisfied thanks to everyone’s attempts and effort, and it gives us the opportunity to forget years and years of bans.
After a few hours the NU POT writing was completely coloured by all the results obtained by people’s single attempts, the same people who decided to play their own will with a simple gesture. The hundreds of people that took part in this “funny” action forgot pretty soon about their vertigo. This work is dedicated to Miss Nela and all her colleagues who worked for several years inside the building and who told the artist what it meant to work under a dictatorship based on just one belief: you can’t.
/ IT
Progetto realizzato in una ex area industriale del tessile di Bucarest, il cui simbolo è la vecchia torre dell’acqua. Ai tempi il 90% dei dipendenti era costituito da donne che lavoravano con turni di lavoro insostenibili, sotto regole ferree e lontano dalle loro famiglie. L’artista, grazie al prezioso aiuto dell’antropologa Andreaa Dragan, ha raccolto documentazioni e racconti del passato da coloro che lavorarono all’interno di quelle fabbriche e che vissero i difficili anni della dittatura comunista, anni di divieti di espressione, anni in cui il cammino verso l’indipendenza era senza una direzione.
Su uno dei tetti adiacenti alla torre sono state posizionate centinaia di secchi colmi d’acqua volti a ricreare la scritta ‘NU POT’ (“Non posso”), con cui iniziavano, per esempio, tutte le frasi presenti nei regolamenti aziendali durante gli anni del regime. La superficie del tetto è stata ricoperta con dei tessuti ritrovati nell’area industriale, gli stessi tessuti che erano stati lavorati a mano dalle operaie della ex fabbrica.
I visitatori, salendo sulla rampa di scale della torre (che essendo costituita da un’anima di grate creava un po’ di disagio e vertigine più ci si accingeva a salire), erano invitati a lanciare delle palline colorate cercando di far canestro in uno dei secchi, tentando così di smontare, in modo semplice e giocoso, il concetto di impossibilità. La scritta NU POT è stata volutamente suddivisa in centinaia di porzioni (i secchi) per evidenziare come sia grazie al tentativo e alla proattività di tutti che si può colmare quel desiderio di libertà di pensiero che permette di dimenticare anni e anni di divieti. Dopo poche ore di ‘gioco’, la scritta NU POT era completamente colorata da tutti quei piccoli successi derivanti dai singoli tentativi delle persone che hanno messo in gioco la propria volontà attraverso un semplice gesto.
Questo lavoro è dedicato alla signora Nela e a tutte le sue colleghe che hanno lavorato per decenni presso l’edificio e che attraverso i loro racconti han trasmesso le emozioni e le difficoltà vissute negli anni di una dittatura basata su un solo credo: tu non puoi.